È una delle poche arti che non è stata fagocitata dalla produzione seriale e in cui studio, manualità e conoscenze tecniche non sono nulla senza un istinto particolare e innato in grado di tendere alla perfezione. Essere liutai di professione nel 2014 è una sfida non da poco, raccolta, nonostante le difficoltà, da Alberto Cassutti, che a Padova ha aperto bottega tre anni fa in via Formis.
Nel suo laboratorio costruisce violini, viole e violoncelli moderni e barocchi e restaura strumenti antichi. Il momento non è facile e il mercato è di nicchia ma la passione che lo ha spinto a intraprendere questa strada non si è spenta. Formatosi alla scuola di liuteria di Parma e anche a Londra – tappa obbligata per carpire i trucchi del restauro appannaggio degli inglesi -, Alberto allo studio ha sempre affiancato anche il lavoro in bottega fino ad arrivare ad aprire un laboratorio tutto suo dedicandosi al mestiere affascinante di regalare al legno un’anima
Un’inclinazione nata fin da bambino quando intagliava figure col coltellino e immaginava di diventare falegname. Poi da ragazzo è stato il violino del padre ad attrarre la sua attenzione, prima come musicista (“Ma forse non era la mia strada”, racconta) e poi, dopo l’università, come aspirante liutaio.
“Le variabili nella creazione di uno strumento sono molte – spiega -. La bombatura, lo spessore da dare al legno, la tensione della catena, il posizionamento dell’anima, l’inclinazione del manico e la tipologia delle corde…tutto questo determina la riuscita di uno strumento dal suono più chiaro o più scuro, molto brillante o meno. Ma anche tanti altri piccoli particolari influiscono, perfino la vernice, che non è un semplice rivestimento ma può invece giocare un ruolo nell’attutire o risaltare le vibrazioni”.
Mentre Alberto accarezza il violino sul quale sta lavorando si capisce senza bisogno di parole che la bottega è davvero il suo habitat naturale. “La parte commerciale del mio lavoro, quella legata alle public relations o alla promozione è sicuramente quella che mi appartiene meno – racconta -. La parte più intima del mio mestiere è quella al banco di lavoro a contatto con il legno. Nella costruzione di uno strumento quello che cerco è il senso del bello, dell’armonioso e del dolce. Non so se mi riesce, ma cerco costantemente di mirare alla parte estetica”.
Ogni strumento nato dalle mani di un liutaio è come un figlio, che dopo tanto amore e impegno va consegnato al suo destino, a volte con un pizzico di nostalgia, a volte con la fortuna di sentirlo prendere vita fra le mani di un bravo musicista. L’emozione di un mestiere antico che il tempo non potrà mai scalfire.
Articolo di: Alice Cavicchioli
(10 giugno 2014)
Videointervista di Alice Cavicchioli